News 31 Ott 2015

WWE 2K16 – Recensione

Tutti meritano una seconda chance. Anche quelli che sprecano colpevolmente la prima cartuccia, quella che vendi al mondo per buona ma che crolla sulle proprie gambe di fronte alle aspettative del pubblico. Anche quelli come WWE 2K15, annunciato in pompa magna come l’evoluzione “next” di un franchise scricchiolante sotto il peso degli anni – e dunque drammaticamente bisognoso di riscatto – ma che alla prova del fuoco ben poco riuscì a riscattare. Certo, il revamp grafico fu tutto tranne che indifferente, ma le lacune di un motore ancora acerbo non permisero al titolo di esprimere le proprie potenzialità, facendo invece affiorare una lunga serie di problematiche che spaziavano da un sistema di collisioni impreciso ad un parco animazioni per un quarto proiettato al futuro e, per i restanti tre quarti, ad un passato sin troppo anacronistico. Ma la colpa peggiore di WWE 2K15 non fu tanto tecnologica, quanto contenutistica: un roster ridotto ai limiti dell’imbarazzante e la mancanza di un “creation mode” funzionante non andarono giù all’oceanico fandom del ring, solleticato non poco dall’arrivo di 2K alle redini del progetto. Nondimeno, WWE 2K15 rappresentò nel bene e nel male un passo importante per la saga creata anni or sono da Yuke’s: un punto di svolta che ok, avrebbe potuto essere migliore, ma che con un minimo di dedizione in più avrebbe potuto gettare le basi per la tanto attesa rivoluzione. 12 mesi dopo 2K, Yuke’s e Visual Concepts sono nuovamente pronti a salire sul ring: e mettici un’aggiustatina come si deve alla grafica, qualche tweak al gameplay e una discreta varietà di contenuti, i frutti dell’esperimento passato si vedono. Eccome se si vedono: perché forse WWE 2K16 non sarà l’episodio più carismatico dell’intero franchise, ma poco ci manca.

WWE 2K15

PiattaformaPS4, Xbox One, PS3, Xbox 360, PC

Genere: Sportivo

Sviluppatore: Yuke’s / Visual Concepts

Publisher: 2K Games

Giocatori: 1-4

Online: Disponibile

Lingua: Testi in italiano, Audio in inglese

Versione Testata: PS4

E sappiatelo, non è solo questione di roster. L’elemento più importante di WWE 2K16 coincide con l’introduzione di un nuovo sistema di reversal, basato su un numero limitato di contro-prese per ciascuna superstar. Uno degli aspetti più criticati della precedente declinazione, non a caso, era la possibilità di ribaltare infinite volte l’attacco avversario, instaurando – a patto di avere sufficiente tempismo – una danza di tentate grapple e annesse reversal sino all’istante in cui uno dei due giocatori, alla lunga, perdesse l’attimo buono (nel caso di PvP) o finisse schiacciato dal tempismo svizzero della CPU (nel caso di PvE). Il che, a pensarci, non è nemmeno così assurdo: quando sono gli incontri reali in cui assistiamo a dozzine di “counter” come queste? La soluzione introdotta da WWE 2K16, sotto quest’ottica, è semplice ma illuminante, e riesce quasi a dare una sfumatura strategica ad uno show che, normalmente, di strategico non ha poi molto. Il numero massimo di reversal a disposizione di ciascun wrestler è indicato da una barra segmentata al di sotto di quella della resistenza: tanti i segmenti, tante le reversal a nostra disposizione (una meccanica analoga alla Special di Street Fighter o di altri picchiaduro affini). Quanto velocemente si rigeneri la suddetta barra e quanti segmenti metta a disposizione del giocatore, questo dipende dalle skill del lottatore prescelto – normalmente si viaggia da un minimo di tre ad un massimo di cinque.

Il principio di questo meccanismo, ora, diventa intuitivo: spetta al giocatore decidere come e quando ribaltare l’offensiva avversaria. Vale davvero la pena “sprecare” un segmento per evitare un banale cazzotto sul grugno o, piuttosto, meglio utilizzarla per schivare e colpire pesantemente un avversario nel mezzo della sua signature move o della finisher? La scelta, come sempre, sta nelle mani di chi tiene il pad, anche se quest’ultimo farebbe bene a ricordare che zero segmenti significa zero possibilità di mitigare le mazzate avversarie: e chi è sul ring contro di noi, questo lo sa benissimo. La nuova meccanica delle reversal va a braccetto con l’ottimo sistema di resistenza “a scaglioni” introdotto già dallo scorso anno: scesi sotto un certo livello di fiato, non potremo più raggiungere il massimo della stamina dell’atleta, ma ci dovremo accontentare di un nuovo valore massimo inferiore del precedente – secondo uno scherma organizzato in quattro livelli. Correre, scazzottare o fare prese spettacolari consuma irrimediabilmente la resistenza del giocatore, che se non prenderà regolarmente tempo per tirare il fiato finirà per ritrovarsi al tappeto, boccheggiando come un pesciolino rosso in un acquario.

WWE 2K16 introduce un nuovo sistema di reversal, basato su un numero limitato di contro-prese per ciascuna superstar

Il lavoro di revisione del team di sviluppo ha investito anche la meccanica delle prese, quel famigerato mini-game basato su un principio analogo alla morra cinese con cui iniziavano gran parte degli incontri della passata edizione – un vincolo che, per certi versi, rappresentava un limite non indifferente soprattutto negli incontri online. In WWE 2K16 le regole sono meno rigide, e seppur rimarrà ancora possibile iniziare le danze con una “working hold“, nessuno vieta di correre verso l’avversario per stordirlo con una velocissima clothesline. Il ricorso alle hold torna tuttavia comodo nelle fasi più avanzate dell’incontro, quando potranno essere sfruttate per recuperare resistenza sottraendone simultaneamente all’avversario. Ancora una volta, usare un minimo di strategia può tornare comodo: ridurre preventivamente la stamina avversaria prima di affondare una finisher e annesso schienamento potrebbe essere una tattica tutto sommato interessante.

Altra novità interessante, sempre limitatamente ai tecnicismi della gara, è la nuova meccanica di sottomissione, che trae ispirazione in modo neanche troppo velato da quanto visto nell’ultimo UFC. Il risultato, tuttavia, è meno convincente se paragonato a quello del titolo EA: all’avvio della sequenza della submission, nella parte inferiore dello schermo comparirà un meter a forma di corona circolare al cui interno sfrecciano due piccole barre, una rossa per chi effettua la presa e una blu per chi la subisce. Il gioco, concettualmente, è semplice: la barra rossa deve inseguire la blu sino a sovrapporsi, dando a quel punto il vantaggio (o in molti casi la vittoria) al giocatore in posizione di attacco. Non dovesse riuscirci entro il tempo stabilito, “quello in difesa” uscirà dalla hold e, una volta rialzatosi, potrà continuare il match. Se questo sistema funziona tutto sommato bene nell’1vs1 tra giocatori “umani”, lo stesso discorso non vale nelle sfide contro l’intelligenza artificiale, dove anche a livelli di difficoltà bassi la sfida è a dir poco impari: e nel caso di sottomissioni a incontro avanzato, a meno di un aiuto della dea bendata si finisce quasi sempre per battere tre volte il suolo del ring. L’idea di evolvere il meccanismo delle passata edizioni, basato essenzialmente su un button mashing furioso, è senza dubbio lodevole: non fosse che un minimo di bilanciamento maggiore nelle sfide contro CPU e, soprattutto, la presenza di un dannato tutorial sulla gestione delle submission (disponibile solo fugacemente nella modalità MyCareer) avrebbero aiutato non poco.

Al netto del sistema di combattimento, vale la pena sottolineare quanto il valore produttivo di WWE 2K16 sia ragguardevole, siglando un gap enorme rispetto a quanto visto nella passata stagione. La modellazione degli atleti è molto più realistica e impressionante, arricchita da una componente “emotiva” che lascia trasparire dai volti un buon set di emozioni: l’incredulità per un count out sfiorato o per un’eliminazione imprevista dalla Royal Rumble, lo stupore ogniqualvolta l’avversario sfugga alla presa, la rabbia che traspare dagli occhi quando si attiva una Comeback. Notevole anche il comparto animazioni, molto più ricco in termini tanto quantitativi quanto qualitativi ma, soprattutto, fluidissimo nelle transazioni da una “mossa” ad un’altra – uno dei punti deboli di WWE 2K15, dove lo stacco era evidente. Ogni elemento su schermo appare curato e rifinito con la giusta attenzione: l’illuminazione delle arene è verosimile e accattivante, il pubblico (seppur visivamente low-poly) appare reattivo e finalmente vario nella realizzazione, persino la realizzazione delle vesti degli atleti riesce a trasmettere un feedback aptico a chi gioca. WWE 2K16 è bello da giocare, questo ve l’abbiamo detto, ma è anche notevole da vedere. A questo, non dimentichiamolo, va aggiunto il roster più grande di sempre del franchise, che vanta qualcosa come 120 lottatori (presenti e passati, divas incluse) giocabili – a cui si affianca quel fustacchione diArnold Schwarzenegger nei panni di Terminator.

Il valore produttivo di WWE 2K16 è ragguardevole, e sigla un gap enorme rispetto a quanto visto nella passata stagione

La modalità principe di WWE 2K16 è chiaramente lo Showcase, che pone l’accento sull’epopea del leggendarioStone Cold Steve Austin (non è certo una coincidenza se la sua cattivissima pelata campeggia in copertina) ripercorrendone gli incontri, le sfide e le faide più significative di due decenni di carriera sino alla consacrazione della Hall of Fame. Premettiamo subito una cosa: chiunque si aspettasse di vedere uno showcase popolato dalle star attuali del roster WWE resterà a bocca asciutta, visto che – in modo analogo a quanto visto qualche anno fa nell’Attitude Era, lo spazio è riservato alla celebrazione del passato glorioso del colosso dell’intrattenimento. E per carità, c’è un pizzico di fan service dietro a questo Showcase: ma al netto di una manciata di obiettivi un po’ ripetitivi – e di sequenze video lunghissime come background narrativo – l’omaggio al Rattlesnake che viene dal Texas è indubbiamente confezionato come si deve.

Piccoli aggiustamenti anche per MyCareer, che permette al giocatore di creare la propria Superstar dandole la bellezza di 15 anni non solo per vincere Wrestlemania, ma anche per tentare l’assalto alla tanto agognata WWE Hall of Fame. La struttura di questa modalità ricalca abbastanza fedelmente i pattern tradizionali del franchise, con l’immancabile gita al Performance Center per imparare le basi del lavoro, e poi via di ring: l’obiettivo è diventare popolare rapidamente, portando a casa risultati positivi sino a diventare lo sfidante numero uno al titoloWWE. La strada dalla palestra alla cintura, inutile dirlo, è costellata di difficoltà quali faide personali, rivalità, sfide, ma anche di possibilità di farsi qualche amico giusto, magari per un tag-team imbattibile. Fondamentale sarà anche dare una definizione alla personalità del nostro alter ego, che verrà via via delineata in base alle risposte fornite a specifiche domande che ci verranno sottoposte.

Chiudiamo il cerchio delle novità spendendo due parole sulla Content Creation, assente illustre dello scorsoWWE tornata in questa edizione nel migliore dei modi: non solo la classica personalizzazione degli atleti, di cui parleremo a breve, ma per la prima volta sarà possibile creare un’Arena vera e propria, uno spettacolo speciale per il WWE Universe, addirittura un nuovo campionato (permetteteci il termine quasi calcistico) con tanto dicintura personalizzata fiammante. Sarà possibile modificare il materiale di parti degli abiti dei lottatori, per la gioia dei giocatori più smanettoni – che dovranno tuttavia sbattere il muso su un tempo di attesa di circa 20/30 secondi necessario al caricamento della palette “metallica” nel menu – e molti altri dettagli, legati essenzialmente al make up o alle vesti indossate. Il core dell’editor del personaggio è stato leggermente rivisitato, e permette sia di plasmare occhi, bocca e naso del wrestler secondo il proprio gusto personale, sia di caricare una propria foto(tramite la companion app WWE 2K16 Studio Creator, in arrivo a breve) sui server di gioco e, a quel punto, di affinarla in game col medesimo editor. L’unico neo evidente, in questo contesto, è la scelta dello sviluppatore di rimuovere la più tradizionale selezione delle componenti dei volti tramite preset preinstallati, certamente meno profonda del nuovo editor ma indubbiamente più veloce. Per quanto riguarda la WWE Universe, la generazione degli incontri ora è più flessibile e garantisce un margine di personalizzazione maggiore, con la possibilità di aggiungere più cutscene nell’incontro e svariate altre variabili; creare arene personalizzate o la stessa cintura del campione richiede pazienza, dedizione e un minimo di senso estetico. Ma le potenzialità racchiuse nell’editor, se ben sfruttate, possono portare grandi cose alla community.

In WWE 2K16 sarà possibile creare un’Arena vera e propria, uno spettacolo speciale per il WWE Universe o un nuovo campionato con tanto di cintura personalizzata

Per quanto concerne la modalità online, i risultati sul ring sono leggermente più claudicanti. L’infrastruttura di networking di 2K non pecca certo in affidabilità, anche se un alleggerimento dei tempi di attesa (in alcune circostanze al limite del fastidioso) sarebbe cosa assolutamente gradita. Le nostre prove si sono dimostrate mediamente al di sopra della sufficienza, con situazioni stabili e giocabili alla perfezione alternate ad altre, afflitte da un numero maggiore di lag – e in alcuni casi, fortunatamente sporadici, disconnessioni improvvise. L’assenza di una lobby pre-incontro si fa sentire ma, nel complesso, posto che la rete dei giocatori si abbastanza stabile, lo sarà anche l’esperienza online. Che, per dovere di cronaca, permette anche di competere in sfide classificate in tag-team, con un proprio amico o con un compagno casualmente assegnato. Ed è proprio qui che si scatena l’inferno: un po’ come piace a Stone Cold.

Stone Cold Steve Austin nel trailer di WWE 2K16.

In conclusione…

Dopo le incertezze dello scorso anno, in pochi avrebbero scommesso su un ritorno ai fasti di un tempo per il franchise di WWE. 2K, Yuke’s e Visual Concepts: tre nomi che chiunque mastichi un po’ di videogiochi dovrebbe associare ad esperienza, a conoscenza del mercato, a cura del gameplay e attenzione alla tecnologia. Eppure, lo scorso anno, qualcosa andò storto: l’esordio dell’allor next gen, l’hardware per certi versi ancora oscuro, la necessità opprimente di far risorgere un brand la cui lapide sembrava praticamente certa ostacolarono non poco il lavoro di questo Dream Team, costringendo ad un risultato ben lontano dalle aspettative. Ma che, a mente fredda, qualcosa di davvero buono l’aveva fatto:gettare le basi per la rinascita, per l’evoluzione tanto attesa da un fandom tutto tranne che risicato.

A 12 mesi di distanza, finalmente, possiamo dissipare ogni ragionevole dubbio. WWE 2K16 è un gran gioco, un titolo imperdibile per gli amanti di questo spettacolare show che, di tanto in tanto, vogliono dismettere i panni di spettatori e, con le debite proporzioni, trasformarsi in energumeni muscolosi di due metri che menano cazzotti come martelli pneumatici. WWE 2K16 non è un titolo perfetto: l’online un po’ arrancante, alcune magagne tecnologiche (qualche glitch tra un match e l’altro, la difficoltà di centrare il bersaglio prescelto quando sul ring ci sono più di due lottatori, collisioni non sempre precisissime) e un editor profondo, ma non sempre così immediato sono forse i difetti più grandi di quest’ultimo tassello made in 2K, che dalla propria vanta una lunga serie di meccaniche profondamente rinnovate e, cosa tutto tranne che marginale, una giocabilità che sembra esser tornata ai tempi di Smackdown! vs Raw, guadagnando al contempo una profondità del tutto inedita.

A questo aggiungete un roster come mai prima d’ora, uno Showcase dal retrogusto Amarcord (basterebbe soltanto dire Jake the Snake per far commuovere i giocatori più vetusti) e, finalmente, unamodalità di creazione contenuti all’altezza: e capirete per quale motivo 2K e soci, mesi or sono, gridarono al mondo la volontà di realizzare il miglior gioco di Wrestling disponibile sul mercato. E pur senza scomodare Mr Schwarzenegger in persona, ci sono riusciti.

Voto: 8,5/10

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