wwe 2k18

WWE 2K18 – Recensione

In pochi ci crederanno, ma quello che noi oggi chiamiamo comunemente WWE è un business, nel vero senso del termine, con più di 65 anni di storia sulle spalle. Un colosso creato da un certo Jess McMahon, capostipite della famiglia di cui l’istrionico Vince rappresenta l’ultimo irrefrenabile erede, che per oltre mezzo secolo ha portato sullo stesso ring bestioni provenienti dai più disparati angoli dell’America (prima) e del mondo (poi), dando vita ad uno spettacolo in piena regola destinato a catalizzare l’attenzione di milioni di spettatori. Certo, sono cambiati i tempi, le usanze e persino i modi di combattere: la stessa federazione, originariamente chiamata Capitol Wrestling Corporation Ltd., ha cambiato più volte nome sino ad approdare a quel WWE – che, come nel caso di WWE 2K18 e predecessori, sottolinea a caratteri cubitali quella filosofia di Entertainment, intrattenimento, alla base dello show. Una cosa non è cambiata, tuttavia, dal 1952 ad oggi: è sempre fantastico vedere due energumeni che si legnano come demoni sopra un ring, magari ricorrendo a mezzucci poco corretti. Perché si fa tutto, per lo spettacolo: e negli affollati ring della WWE di cose memorabili ne succedono sempre parecchie.

Dopo l’incerta declinazione della passata edizione, penalizzata da un comparto tecnologico interessante ma ancora acerbo e da un gameplay troppo derivativo e a tratti macchinoso, Yuke’s torna sul luogo del delitto – in compagnia dei ragazzi di Visual Concepts – con WWE 2K18, attesa iterazione del franchise sulle cui spalle grava il peso delle aspettative di un fandom di dimensioni a dir poco generose. Sarà riuscito lo sviluppatore, questa volta, a fare tesoro dei fasti dell’attuale generazione e a confezionare quel prodotto che in molti sognano, in grado di replicare i fasti del leggendario SmackDown! vs Raw? La risposta, anche quest’anno, è positiva solo in parte: i passi avanti ci sono e sono innegabili, ma qualcosa in più si sarebbe potuto fare per chiudere i legami con il passato più “incerto” dell’intera serie. Una serie che funziona come si deve, a patto di amare le assurde dinamiche di uno degli show più amati d’America, ma che inizia drammaticamente a scricchiolare sotto il peso dei propri anni: e non basteranno le spalle enormi dei suoi protagonisti a proteggerla ancora a lungo…

Poco da dire, purtroppo, analizzando il gameplay di WWE 2K18. Chiunque provenga dalla passata iterazione del brand finirà per ritrovarsi a proprio agio in tempi decisamente più rapidi del previsto, laddove filosofia di combattimento e control schema non hanno praticamente abbandonato di un millimetro il solco tracciato dal capitolo 2K17. Siamo dunque di fronte ad un ritmo più lento e ragionato delle funambolie “arcade style” dei capitoli più gloriosi – una scelta che, nonostante tutto, paga in termini di “realismo” e affinità alle controparti reali: l’introduzione di un nuovo set di animazioni svecchia gran parte degli acciacchi passati, rendendo l’azione di gioco fluida e precisa. Nel proprio complesso, gli amanti del wrestling non dovrebbero avere problema alcuno, dopo un minimo rodaggio iniziale, ad affrontare le sfide proposte da WWE 2K18: Yuke’s ci mette del proprio cercando di correggere uno degli aspetti più criticati di sempre, la gestione delle sottomissioni e delle prese avanzate con rotazioni improponibili dello stick, cercando di correggere la macchinosità passata con una più comoda pressione di specifici bottoni (indicati a video).

La soluzione funziona, inutile dirlo, e permette di concentrarsi – o meglio, di sbizzarrirsi – sulle possibilità offerte dal match cercando di sfruttare gli hotspot tradizionali sia dentro che fuori dal ring: corde, paletti, transenne, scalinate metalliche e via dicendo. Lo spettacolo prima di tutto, insomma, e la possibilità di trascinare avversari tramortiti in giro per lo scenario, “esterne” incluse, rende tutto decisamente più coinvolgente. Peccato però che le novità significative si esauriscano in questa breve lista, lasciando al tempismo, ai riflessi e alla pressione dei dorsali in stile QTE gran parte del rimanente compito. Che non è per forza di cose un aspetto negativo: ma chiunque vedesse in WWE 2K18 il capitolo della rivoluzione, purtroppo, dovrà ridimensionare le proprie aspettative.

I passi in avanti (dal punto di vista tecnico) ci sono e sono innegabili

Dove si vede al meglio il lavoro dello sviluppatore è tuttavia nella componente tecnologica. WWE 2K18 non solo vanta uno dei roster più ricchi della storia del franchise, ma un livello di verosimiglianza alle controparti in carne ed ossa ai limiti dell’impressionante. E questo, sia chiaro, non è limitato al solo concetto di grafica – che, grazie all’inestimabile aiuto dei ragazzi di Visual Concepts, raggiunge dei livelli di dettaglio sensazionali: basta osservare il nuovo sistema di animazioni introdotto quest’anno per accorgersi di come l’obiettivo di Yuke’s sia quello di “clonare” digitalmente qualsiasi lottatore, dalle sue movenze più elementari allo stile di lotta che lo contraddistingue. Sotto questa luce, WWE 2K18 sigla un balzo in avanti significativo, prestando sì il fianco a qualche sporadico glitch o qualche divertente compenetrazione, ma confermandosi nel proprio complesso sia eccellente da vedere – in termini di resa d’immagine complessiva – sia verosimile in tutte quelle componenti che i veri appassionati del Wrestling non possono non notare. WWE 2K18 trasmette insomma la personalità delle proprie star in un modo analogo a quanto abbiamo visto in altri titoli sportivi (lo sappiamo, avete pensato anche voi al PES ID), corroborando il tutto con una texturizzazione e una modellizzazione decisamente sopra la media.

wwe 2k18

Parlando di modalità di gioco, tra la pletora che contraddistingue gli ultimi anni di WWE 2K è impossibile non riservare menzione speciale a MyPlayer, variante presa in prestito dal più fortunato universo cestistico di casa 2K Sports che permette al giocatore di creare da zero la propria Superstar, selezionandone punti di forza e predilezioni, per poi accompagnarla nel tortuoso percorso da Orlando (sede del Performance Center iniziale) allo scintillante palcoscenico di Wrestlemania. Dimenticatevi da subito la profondità (narrativa, in primis, ma anche in termini di gameplay e meccaniche) che contraddistingue l’omonima – e amatissima – modalità del franchise NBA 2K: in WWE 2K18 ci sono introduzioni interessanti, come la possibilità di districarsi tra faide varie o di muoversi nel backstage a mo’ di free roaming alla ricerca di missioni secondarie con le quali accelerare il proprio percorso di crescita. Nel complesso, però, si tratta di un pattern non eccessivamente vario, destinato a ripetersi con minime variazioni per tutta la durata dell’avventura: nulla di disastroso o che non meriti di essere provato, a scanso di equivoci, ma un pizzico di inventiva in più per rendere il tutto più memorabile non avrebbe assolutamente guastato nell’economia di gioco. Ne riparleremo, anche stavolta, l’anno prossimo.

Una vittoria “di misura”

Nulla da dire sulle restanti modalità di gioco, rimaste invariate negli ultimi 12 mesi, né tanto meno sul roster di Superstar disponibili in WWE 2K18: tra lottatori “attuali”, Divas, Leggende e altre sorprese che gli estimatori del settore apprezzeranno sicuramente, siamo di fronte ad una delle griglie di atleti più densa e affollata dell’intera storia del franchise. Ecco perché, ancora una volta, appare incomprensibile l’assenza di una modalità Carriera in piena regola – con tutta la carne al fuoco su licenza ufficiale a disposizione del team di sviluppo, la decisione di affidare il tutto per tutto alla sola myPlayer sacrificando una tradizionale myCareer che si rispetti appare, almeno secondo noi, particolarmente controproducente. A risollevare un po’ la situazione ci pensa l’online, che nella Road to Glory offre una rivisitazione della famigerata modalità Carriera (seppur decisamente all’acqua di rose rispetto a quanto 2K ci abbia abituato nel corso degli ultimi anni), rigorosamente contro altri giocatori provenienti da tutte le parti del mondo. Scalata alle classifiche e dollaroni sonanti a parte, questa volta dobbiamo constatare una stabilità più evidente nell’infrastruttura online del titolo, che pare aver messo una toppa definitiva alle lacune – per certi versi disastrose – che hanno caratterizzato il lancio (e una buona manciata di settimane ad esso successive) di WWE 2K17. Non sono certo mancate attese in sede di matchmaking o qualche sporadico lag nelle fasi salienti di una sfida online, ma il lavoro di Yuke’s, nel complesso, appare positivo.

Conclusioni

WWE 2K18 non è il capitolo della rivoluzione che tutti i fedeli del ring attendevano. Si tratta piuttosto di un’iterazione transitoria, di un upgrade della versione dello scorso anno migliorata ed epurata sotto alcuni punti di vista, ma ancora troppo vicina ad alcuni stilemi anacronistici del proprio gameplay. Un gameplay che funziona, sia chiaro, e che grazie ad alcune correzioni (gestione delle sottomissioni in primis) riesce ancora a garantire un giusto equilibrio tra strategia, divertimento e “volgare” spettacolarità: tuttavia, più passa il tempo e più lo stupore inizia a calare, lasciando spazio alla prevedibilità e ad un amarognolo retrogusto di “già visto” che neanche una grafica delle grandissime occasioni e un rinnovato set di animazioni, alcune delle quali davvero encomiabili, riescono ad abbattere del tutto.

WWE 2K18 rappresenta indubbiamente un passo avanti rispetto alle incertezze della passata stagione, ma è ancora lontano da quella che, sulla carta, potrebbe essere la sua forma definitiva. Una forma rivoluzionata nel profondo, che necessita di un’enorme prova di coraggio da parte dello sviluppatore nell’abbandonare meccaniche ben consolidate ma oramai parzialmente piegate dal tempo. Non è la prima crisi, questa, per i giganti del Wrestling: e, sicuramente, Yuke’s e Visual Concepts avranno tempo e modo di prendere il toro per le corna e indirizzare questo storico franchise su un binario decisamente più scorrevole. Per questa volta tocca però accontentarsi di una vittoria “di misura”, una di quelle incerte fino all’ultimo e che, a incontro finito, ti vedono allontanarti claudicante e insicuro verso il backstage: per oggi va bene così, ma la prossima volta potrebbe non bastare

 

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