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Yooka-Laylee and the Impossible Lair – Recensione

La speranza di un sequel spirituale di Banjo-Kazooie, di un prodotto che potesse rendere giustizia allo spirito della saga partorita su Nintendo 64, molto meglio di quanto seppe fare il controverso Nuts & Bolts, si spense non appena Yooka-Laylee si presentò sul mercato sulla scia di una campagna Kickstarter patrocinata soprattutto da inguaribili nostalgici.

Non che il titolo di Playtonic Games non possedesse il suo fascino, ma da ex-sviluppatori Rare, desiderosi di riportare in auge il genere dei platform 3D, era lecito aspettarsi qualcosa in più, soprattutto in termini di art e level design.

A quasi due anni esatti dall’esperimento riuscito solo a metà, il team inglese ha ben pensato di riprovarci, mettendosi in scia di un’altra produzione Nintendo, anch’essa caposaldo dello stesso genere di riferimento.

La rivoluzione, in termini prettamente ludici, c’è stata eccome, visto che Impossibile Lair abbandona completamente qualsiasi velleità open-world, abbracciando una progressione prettamente lineare, caratterizzata da una discreta sequela di livelli bidimensionali.

Il cambio di registro, tuttavia, non combacia con un pedissequo rispetto del canone. Tanto per cominciare, per esempio, si può completare il gioco in una manciata di minuti, affrontando immediatamente l’ultimo livello, dando prova delle proprie straordinarie e quasi sovrumane abilità.

Il terribile Capital B, dopo la disfatta patita nel prequel, grazie ad uno strano marchingegno è riuscito a soggiogare alla sua volontà tutte le api del mondo. Il duo, partito immediatamente all’inseguimento del villain, raggiungerà il suo quartier generale, con la reale e tangibile possibilità di chiudere in un batter d’occhio la partita.

L’Impossibile Lair a cui accenna il titolo, difatti, è un gigantesco livello pieno di trappole, ostacoli, nemici e temibili boss da abbattere uno dopo l’altro. Contando solo sulle forze della combo di protagonisti, per quanto non tecnicamente impossibile, è certamente difficile riuscire al primo tentativo nell’impresa di sgominare Capital B.

Ancora una volta, art e level design svolgono egregiamente il loro compito, senza mai riuscire ad incantare come sperato

A questo proposito sarete introdotti nell’hub di gioco, una mappa di discrete dimensioni ripresa da una visuale dall’alto, che introduce ai livelli veri e propri di cui si compone l’avventura.

L’altro tocco di classe che contraddistingue la creatura di Playtonic Games, difatti, riguarda proprio il grado di interattività garantito da questa ambientazione che funge da raccordo. Esattamente come nel vecchio Banjo-Kazooie, per raggiungere i livelli successivi dovrete scovare sentieri nascosti, attivare meccanismi, pagare quel taccagno di Trowzer con le monete speciali raccolte durante l’epopea. Non si tratta di nulla di particolarmente originale, ma la feature dona spessore all’esperienza e aiuta a spezzare il ritmo con le fasi più propriamente platform.

A questo proposito, va specificato che, ancora una volta, art e level design svolgono egregiamente il loro compito, senza mai riuscire ad incantare come sperato. Al di là della derivativa sequela di ambientazioni piuttosto classiche, dal livello nelle grotte a quello in una landa desertica e così via, il colpo d’occhio non è mai completamente soddisfacente. Latitano i dettagli, il gioco prospettico e ridotto ai minimi termini, persino il design di nemici e protagonisti stessi non convince appieno.

Allo stesso modo, il gameplay non dimostra mai quel guizzo, quella capacità di rimettere in discussione gli elementi di design appena introdotti, tipico dei platform Nintendo.

Eppure, l’avventura diverte e coinvolge quanto basta. Da una parte, avrete modo di esplorare più affondo la planimetria di ogni livello per trovare i molti collezionabili sparsi e perché in alcuni casi vi verrà chiesto di riaffrontare stage già completati a partire da ostacoli e malus diversi, come possono esserlo un sottile strato di ghiaccio applicato ad ogni superficie e muri di miele che permettono al camaleonte di scalare alcune pareti.

Dall’altra, il già citato Impossibile Lair resterà puntualmente a disposizione, diventando via via sempre più esplorabile, a mano a mano che recupererete dai livelli veri e propri le piccole api che vi permetteranno di subire un danno ulteriore prima di finire al tappeto. Anche in questo caso non si tratta di un concept così innovativo, ma rende tangibili i propri progressi, sia in termini di completamento del gioco, sia per quanto riguarda il perfezionamento delle vostre abilità con il pad.

Conclusioni

Yooka-Laylee, abbandonata qualsiasi ambizione di essere venduto come una nuova versione di Banjo-Kazooie, si rifà a Donkey Kong. Il camaleonte rotola per eliminare i nemici, il pipistrello Laylee aiuta nei salti il compagno e fugge spaventata quando colpita. Anche l’impostazione di buona parte dell’avventura, il caro vecchio 2D, è più simile alla serie Country.

L’idea di rendere disponibile l’ultimo livello sin dall’inizio e l’interattività dell’hub di gioco regalano un gusto atipico all’avventura, caratteristiche che, tra l’altro, ben si sposano con una produzione che fa di tutto per aumentare la sua longevità, riempiendo ogni livello di collezionabili di ogni genere.

Manca, esattamente come per il prequel, una certa brillantezza, visiva e ludica, il quid che potesse elevare il gioco a vette qualitative ben più alte.

Nonostante ciò, Yooka-Laylee and the Impossible Lair è un platform piacevolissimo da giocare. Ben consapevoli di non avere a che fare con un capolavoro, se gli darete una possibilità scoprirete un fiero platform che sa fare il suo mestiere. Non verrà ricordato negli anni a venire, ma certamente non vi annoierà mai nelle venti ore richieste per completarlo del tutto.

 

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