Zanki Zero: Last Beginning – Recensione

Oggigiorno è sempre più difficile realizzare un videogioco unico nel suo genere oppure, se capita, siamo talmente sommersi da nuove uscite che potrebbe passare inosservato – a maggior ragione se risulta di nicchia. Zanki Zero: Last Beginning è fra questi: sviluppato da Spike Chunsoft (team dietro Danganrompa) e Lancarse, il titolo mantiene vivo lo stile artistico che ha caratterizzato le precedenti produzioni e ancora una volta vi affianca una storia raccapricciante, offrendo nonostante tutto qualcosa di nuovo rispetto a quanto visto fino adesso grazie a una sapiente fusione tra narrazione, dungeon crawling e un interessante sistema di sopravvivenza.

Zanki Zero: Last Beginning comincia mettendoci a disposizione otto personaggi giocabili, ciascuno ignaro del suo passato, che si risvegliano a Garage Island, un frammento di città in rovina abbandonato in mezzo a un mare sconfinato. Non hanno idea di come vi siano finiti e, a infittire il mistero, scoprono strane X metalliche all’altezza dell’ombelico. Il primo personaggio di cui prendiamo il controllo è Haruto Higurashi, che ricorda soltanto di essersi gettato dal tetto di un edificio e trova – giustamente – spiazzante la situazione in cui si vede coinvolto. I suoi compagni di “avventura” spaziano fra tanti ruoli diversi: c’è l’ufficiale di polizia, un dottore, un’ereditiera, un contadino, un’artista del bondage e altro ancora. Non hanno alcun tipo di relazione che li leghi ma tutti sono indispensabili alla sopravvivenza.

In un parallelismo con Danganrompa e i veri Nonary Games, da uno schermo TV una pecora di nome Mirai e Sho Terashima, il suo assistente umano, informano il gruppo che loro sono non soltanto cloni ma anche i soli sopravvissuti sulla Terra: spiegano inoltre che per ripristinare la vita sul pianeta devono visitare le rovine legate ai peccati passati di ciascuno di loro, al termine delle quali troveranno un componente meccanico per riparare un macchinario chiamato Extend Machine. Quest’ultima, inoltre, è fondamentale al mantenimento dei protagonisti stessi poiché il maggior difetto della loro natura artificiale è che hanno un’aspettativa di vita risibile: solo tredici giorni, al termine dei quali i superstiti potranno raccogliere le loro X così da riportarli in vita all’Extend Machine. Come ci si può aspettare, il rapido declino da infanzia a vecchiaia porta benefici e svantaggi ma ai personaggi sarà data la possibilità di rallentare la corsa verso un inevitabile destino.

Naturalmente, da una storia basata sulla fine dell’umanità non ci si può che aspettare una trama dai risvolti cupi. Potendo tornare in vita a piacimento, la morte nel gioco non è la cosa peggiore che possa capitarci e anzi, potendo fare affidamento sull’esperienza della nostra vita passata è in un certo senso anche utile: in base a come i personaggi muoiono, non è raro poter incrementare forza o difesa. Sebbene sia un sistema molto interessante, il rovescio della medaglia è che poter rianimare a prescindere qualunque personaggio rende ogni livello di difficoltà al di sotto di quello raccomandato un po’ troppo semplice. Similmente non si è mai a corto dei punti necessari alla suddetta rianimazione, dunque il loro peso nell’economia del gioco non è poi così sentito.

Ciò detto, il sistema di invecchiamento è un’ottima meccanica soprattutto in virtù delle potenzialità e abilità diverse di ciascun personaggio a seconda della sua età, elemento che influenza l’esplorazione stessa: all’interno dei dungeon infatti ad alcune aree si può accedere solo a patto di avere nel party qualcuno che corrisponda all’età richiesta. Allo stesso modo, ognuno può trasportare un determinato peso e questo aspetto influenza molto la gestione degli oggetti, facendone un elemento vitale da tenere in considerazione.

Zanki Zero: Last Beginning offre una sapiente fusione tra narrazione, dungeon crawling e un interessante sistema di sopravvivenza

Il gameplay di Zanki Zero: Last Beginning può essere suddiviso in due categorie principali: il dungeon crawling e la sopravvivenza. Tenendo Garage Island come hub principale, ci muoveremo lungo i dintorni con una visuale in prima persona e mano a mano che nuove rovine fanno la loro comparsa sarà nostro compito partire all’esplorazione con una squadra composta da quattro membri. Ognuno può dotarsi di un’arma, una protezione per la testa, il corpo e le gambe, inoltre è in grado di portare con sé fino a sette altri oggetti unici. Il combattimento è di fatto incredibilmente semplice, basandosi soltanto su due tipi di attachi, uno singolo e la combo che si attiva tenendo premuto il relativo pulsante.

La maggior parte dei nemici ha una portata che non supera i due spazi nella direzione che stanno fronteggiando: è sufficiente avvicinarsi, mettere a segno una combo, ritirarsi e ripetere questo schema per liberarsene senza troppe difficoltà. Gli attacchi ad area potrebbero sorprendervi ma, a patto che il vostro tempismo non sia pessimo, non ne rimarrete vittima. Il vero pericolo è rappresentato dal farsi circondare o essere presi alla sprovvista, perché i nemici compenseranno la loro limitata intelligenza artificiale colpendovi più forte che potranno – ed essendo il gioco impostato su una griglia, non avrete possibilità di sfuggire loro. Essere troppo sicuri di sé potrebbe rivelarsi rapidamente un’arma a doppio taglio.

Riguardo agli enigmi, diventeranno più complessi con il progredire della partita e richiederanno non soltanto un’esplorazione accurata delle varie aree ma anche più di un tentativo: sbagliare è consentito, solo non fateci troppo affidamento. Se tutto questo combattere, intrufolarvi in vecchie rovine e scoprire il destino del mondo non dovesse bastarvi, ricordatevi che dovete sopravvivere. Ci sono più aspetti da tenere in considerazione quando si tratta di salvaguardare i diversi personaggi: il livello di stress, la resistenza, la vescica (sì, persino quella) e il peso massimo sopportabile. Ognuno di questi si incrementa avazando dentro i dungeon e sono influenti al punto da portare anche alla morte. Un conto è morire di vecchiaia, un altro di stenti e non aspettatevi di ovviare eventualmente alla fame con del cibo crudo perché non siete più in grado di cucinarlo – il gioco sa bene come punirvi nel caso. Non dimenticatevi poi le allergie di cui potrebbero soffrire i personaggi, sempre in relazione al cibo.

Il livello di microgestione in Zanki Zero: Last Beginning è molto profondo e niente va lasciato al caso: un personaggio troppo giovane o vecchio influenza il bilanciamento della squadra e il loro albero delle abilità li classifica in determinati ruoli che è opportuno tenere a mente. Questo non significa che non sarete in grado di finire il gioco ma scegliendo di non imparare le specifiche di ogni personaggio potreste trovare l’intera esperienza più frustrante di quanto sarebbe se gestita nei dovuti modi.

Il livello di microgestione in Zanki Zero: Last Beginning è molto profondo e niente va lasciato al caso

In misura minore, Zanki Zero: Last Beginning presenta anche elementi tipici dei dating sim, piuttosto casuali e legati al momento in cui i personaggi si trovano insieme per un pigiama party. Un peccato che dalla versione occidentale abbiano rimosso le cosiddette “scene della buonanotte”, ma dal punto di vista di trama per fortuna non hanno impatto e il massimo di cui possono privarvi è il piacere di vedere sbocciare la propria coppia preferita. Il lato positivo dei cosiddetti “sleepover” è che i personaggi condivideranno le abilità dopo aver trascorso la notte assieme, facilitando così l’esplorazione.

Dove il gioco pecca maggiormente è nel sound design, che offre soltanto un loop di brevissime tracce da 8-10 secondi l’una senza averne una che spicchi davvero nel corso dell’intera avventura. A compensare, la qualità del doppiaggio è molto buona anche in inglese, che di solito cede ampiamente il passo al giapponese. Un altro problema che limita il gioco dall’essere migliore è l’eccessivo riutilizzo degli asset nei dungeon, che rende difficile orientarsi in particolare quando si devono ripercorrere quelli vecchi per assistere a eventi extra.

Conclusioni

Spike Chunsoft e Lancarse hanno preso con successo il loro stile per applicarlo a un nuovo genere. Zanki Zero: Last Beginning non è Danganrompa né vuole esserlo, ponendosi piuttosto come il successore spirituale dell’indimenticabile Monokuma e del suo gioco mortale. La microgestione è un aspetto fondamentale dell’esperienza perciò chiunque voglia cimentarsi con il gioco lo tenga ben in considerazione. Si morirà, e tanto, ma prendete questi momenti non come un fallimento bensì come un modo per migliorarsi.

I livelli di difficoltà sono ottimi nel coinvolgimento dei giocatori grazie a un tasso di sfida sempre sul filo del rasoio, a dispetto dei “punti resurrezione” e della possibilità appunto di poter tornare sempre in vita – ma dopotutto è anche questa la filosofia di Zanki Zero: Last Beginning, come di tanti altri titoli giapponesi, ovvero l’importanza del ciclo di morte e rinascita che è alla base anche di videogiochi come l’acclamato Sekiro: Shadows Die Twice.

Posto questo, vedere uno sviluppatore rimanere fedele al proprio stile senza tuttavia attenersi alla solita vecchia formula è sempre un aspetto da premiare. Lancarse ha ancora una volta sviluppato una storia interessante e coinvolgente, capace di catturare il giocatore in qualcosa di più del semplice concetto di fatalismo.

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